Nel 1978 l’Italia sacrificò Aldo Moro rapito

Ciò fa seguito alla testimonianza trasmessa dal canale televisivo francese France 5 sul caso, dove il 16 marzo compiranno 30 anni. Anche Steve Pieczenik, ex manager delle crisi e negoziatore del Dipartimento di Stato americano, spiega i fatti nel suo nuovo libro intitolato We Killed Aldo Mora.

L’allora presidente della Casa Bianca Jimmy Carter inviò Pieczenik a Roma come inviato speciale il giorno in cui le Brigate Rosse catturarono More dopo uno scontro a fuoco con le sue guardie del corpo in Via Fani. Moro si è appena recato in Parlamento, dove attende il voto cruciale su una proposta di “compromesso storico” tra i partiti democristiani (Dc) e comunisti (Pci).

Senza la loro approvazione non sarebbe stato possibile formare un governo in quel momento.

Ma l’alleanza pianificata incontrò resistenza da entrambe le estremità dello spettro politico italiano e risultò impopolare presso le maggiori potenze: gli Stati Uniti e l’ex Unione Sovietica. La vedova di Moro, Eleonora, disse in seguito che anche suo marito era stato messo in guardia dall’allinearsi al PCI dall’allora segretario di Stato americano Henry Kissinger. “Pagherete caro un simile accordo”, avrebbe detto in quel momento.

Dopo l’arrivo a Roma Pieczenik è stato invitato al comitato di crisi italiano creato per risolvere la situazione relativa al rapimento del primo ministro.

Le Brigate Rosse chiesero il rilascio di molti dei suoi membri, tra cui il leader Renato Curcio, in cambio della loro liberazione, ma il governo rifiutò. Il comitato è presieduto dal ministro dell’Interno Francesco Cossiga.

False dichiarazioni delle Brigate Rosse

Secondo Pieczenik, i membri del comitato temevano che Moro potesse rivelare ai terroristi di estrema sinistra alcuni segreti di stato gelosamente custoditi, come le basi NATO in Italia o l’unità speciale dell’esercito Gladio, che si dedicava esclusivamente alla guerra segreta e “crudele” contro il comunismo. .

Le sue preoccupazioni furono amplificate perché durante i suoi 55 giorni di detenzione, Moro scrisse lettere alla sua famiglia e ai colleghi di partito, implorandoli di accettare di scambiarlo con un prigioniero delle Brigate Rosse.

Le preoccupazioni e gli sforzi per non dare spazio ai comunisti spinsero il comitato di Cossig ad agire: decise di scrivere e diffondere la falsa dichiarazione delle Brigate Rosse secondo cui Moro era morto. Secondo Pieczenik ciò serviva a due scopi: innanzitutto preparare la società italiana al peggio e allo stesso tempo informare le Brigate Rosse che il Paese non era disposto a negoziare con Mora e lo considerava morto.

Poi, il 9 maggio 1978, i terroristi uccisero More. Il suo corpo è stato ritrovato nel bagagliaio di un’auto in via Certini a Roma, a metà strada tra la sede della CD e quella del Pci.

Franco Fontana

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