Come gli immigrati italiani in Algeria diventano francesi

Edizione speciale “Algeria coloniale – 1830-1962”

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All’inizio era corallo. Un essere vivente che sembra pietra, ricercato dai gioiellieri per la qualità dei suoi rami e il colore rosso brillante. Si trovavano in abbondanza nelle acque di Bône (oggi Annaba), l’ex contrada dei Fenici, che fu una città romana che prosperò sotto la diocesi di Sant’Agostino prima di diventare un porto commerciale con l’Europa e l’Impero Ottomano.

Per secoli la risorsa è stata sfruttata dai pescatori italiani che ogni estate giungevano da Genova, Livorno e Torre del Greco. L’equipaggio rimase per diversi mesi, esponendosi alla pirateria e ai rimproveri dei soldati. Attraversando la costa, hanno spostato meticolosamente la croce di Saint-André per raschiare la roccia, uno strumento altamente distruttivo ora vietato. Una piccola parte del raccolto è stata inviata nel Sahara dal commercio delle carovane. Il resto veniva lavorato nelle fabbriche orafe della penisola italiana per essere tagliato, lucidato e rivenduto a prezzi esorbitanti in Europa, Oriente e Asia. Oggetto del commercio, motore della circolazione di persone, capitali e conoscenze, le scogliere sono al centro dell’economia globale che collega Bône all’Italia, al Mediterraneo e al resto del mondo.

Pescatore e interprete

Quando lui m

Franco Fontana

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