L’ex premier italiano Conte è indagato per la sua gestione della pandemia

Roma, 1 marzo (EFE) 2020 nel focolaio occidentale del virus che ha causato quasi 188.000 morti nel Paese.

La Procura di Bergamo (nord) ha chiuso, dopo tre anni di lavoro, un’inchiesta per chiarire i motivi per cui la regione Lombardia, e in particolare la provincia di Bergamo, è il Paese più colpito dalla pandemia a livello mondiale, e se ci sarà una sorta di responsabilità politica dietro questa tragedia.

Oltre a Conte e Speranza, risulta indagato anche il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana; presidente degli Istituti superiori di sanità, Silvio Brusafero; l’allora capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, era tra le altre figure di spicco, secondo i media locali.

«Ho saputo dalle agenzie di stampa dell’inchiesta di Bergamo. Anticipo subito la massima disponibilità e la mia collaborazione con la Giustizia”, ha detto Conte dopo aver appreso gli esiti della prima inchiesta.

L’ex capo dell’esecutivo, attualmente alla guida del Movimento 5 Stelle (M5S), “risponde alla Nazione e al popolo italiano per aver agito con pieno impegno e senso di piena responsabilità in uno dei momenti più difficili vissuti dalla nostra Repubblica. ”

Anche l’allora ministro della Salute espresse la sua “piena fiducia alla magistratura”.

“Ho sempre pensato che chiunque abbia la responsabilità di gestire la pandemia dovrebbe essere disposto a rispondere. Sono molto calmo e sicuro di agire sempre con disciplina e onore nell’esclusivo interesse del Paese. Ho piena fiducia, come sempre, nella giustizia”, ​​ha detto Speranza in una nota.

Intanto l’associazione dei parenti delle vittime che ha criticato la gestione della pandemia davanti alla Procura ha ringraziato la decisione della Procura di Bergamo.

«I giudici hanno individuato adeguate responsabilità nella gestione della pandemia coinvolgendo i settori politico e istituzionale. Combattiamo sempre per i nostri cari nonostante l’omertá (silenzio) che caratterizza questa storia. Questa decisione non riporta indietro i nostri cari, ma rispetta la loro memoria”, hanno detto.

Le indagini hanno cercato di chiarire perché all’inizio della pandemia alcune zone della provincia di Bergamo non fossero isolate dall’inizio nonostante i dati facessero pensare che il virus si stesse già diffondendo nelle strade e negli ospedali della loro città.

Tutto è iniziato il 21 febbraio, quando è stato confermato il primo caso di contagio nel vicino comune di Codogno, in Lombardia. Il giorno dopo, il Governo ha isolato undici focolai, dieci città in Lombardia, in provincia di Lodi, e un altro in Veneto (nordest).

Non sono invece comparse nell’elenco quelle di Nembro e Alzano, zone ad alta concentrazione industriale della provincia di Bergamo e che non saranno isolate fino all’8 marzo, e nelle due settimane i parenti delle vittime di entrambe le città lo hanno criticato. il virus circola liberamente, creando una situazione critica.

Rodolfo Cafaro

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