Il giocatore di pallamano della Vojvodina è stato convincente nella prima partita della finale della EHF Cup

I giocatori di pallamano norvegesi del Nerbo hanno avuto 60 minuti interi per rimediare alla sconfitta nella finale di Coppa EHF di stasera contro la Vojvodina, ma la squadra serba ha portato nella rivincita una differenza di sette reti ancora più promettente: 30:23 (15:8).

Di fronte a 2.500 tifosi, la squadra di Boris Rojević ha giocato un’altra ottima partita nella massima stagione, pochi giorni dopo aver difeso il campionato serbo contro il Partizan. Il vincitore dell’ultima EHF Cup non aveva praticamente alcuna possibilità se non un combattimento rispettabile.

È tutt’altro che un dato di fatto che tali difetti non possano essere corretti nella pallamano, ma impressionano la determinazione, la risolutezza, la versatilità, la forza e la concentrazione nel gioco “lala”. Sia in difesa, dove ancora una volta Vukoviljak e Pušica hanno fatto un buon lavoro, sia in attacco, dove il quattro volte marcatore Rogan ha guidato i turni, e Milic, Ocvirk e Radjenović leggermente meno efficaci.

Con l’incommensurabile contributo di Puhovski, che ha trovato il gol solo una volta ma ha tirato le fila del gioco della squadra, la possibilità di regalare alla pallamano serba il primo trofeo europeo dopo una straordinaria attesa di 22 anni.

Un vero peccato averlo fatto lontano da Novi Sad e dal pubblico che con frenesia li ha portati a una così grande vittoria, deliziato per l’ennesima volta dalla motivazione e dalla qualità dell’incredibile generazione di dieci volte campioni serbi consecutivi.

Jugović di Kać, ai tempi della Jugoslavia, vinse la coppa Challenge Cup, antesignano dell’odierna EHF Cup, mentre Metaloplastika si fermò alla finale nel 2014, quando fece meglio lo svedese Alingsos (26:37). La Vojvodina è alla portata di un clamoroso successo, per questo è necessario esibirsi in modo ottimale e intelligente nella seconda partita (3 giugno) contro Tue, Svensgaard, Haugseng e altri.

Romana Giordano

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