Il nuovo primo ministro italiano, Giorgia Meloni, che è diventata la prima donna a entrare in carica lo scorso fine settimana, ha dichiarato di voler utilizzare il titolo di premier, non di primo ministro, nelle comunicazioni ufficiali. Ciò ha attirato critiche, soprattutto da parte degli ambienti di sinistra. In questo contesto, alcuni hanno ricordato che anche il suo partito di destra, Fratelli d’Italia, aveva un nome sbilanciato dal punto di vista del genere.
“La prima donna a capo del governo italiano vuole essere chiamata con un titolo maschile”, ha detto Laura Boldrini, una deputata del Partito Democratico di centrosinistra. La Boldrini ha criticato anche il nome del partito guidato dalla Meloni dal 2014 perché ignora le donne.
Secondo i media locali, Meloni avrebbe voluto che gli fosse dato il titolo di “il Presidente del Consiglio” e non “la Presidente” o “la Presidentessa”, scriveva domenica il quotidiano. Il Messaggero.
Meloni è stato criticato anche dal sindacato dei lavoratori della televisione pubblica italiana Rai. “Mentre l’Italia si è battuta per promuovere standard europei per un maggior numero di donne nelle posizioni pubbliche, ora assistiamo a un passo indietro”, ha affermato in una nota il sindacato Usigrai. Sottolinea inoltre che recentemente i vertici della Rai hanno concordato che si debba ricorrere, ove possibile, alle forme di professione femminile. “Nessuno può costringere i nostri colleghi a sfruttare le loro posizioni maschili nel caso Meloni”, ha aggiunto il sindacato.
Sabato ha prestato giuramento il governo Meloni, descritto come il governo italiano più di destra dai tempi della seconda guerra mondiale. Martedì i deputati voteranno la fiducia al governo, mercoledì la Camera alta del Parlamento dovrà esprimere la fiducia al governo. In entrambe le Camere i blocchi di destra hanno una maggioranza considerevole.
Il nuovo gabinetto conta 25 membri, sette dei quali sono donne, tra cui la Meloni meno rispetto al regno precedente di Maria Draghi.
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