La linea di separazione tra vita e morte a volte può essere molto sottile. Riconoscere o meno un sintomo dell’infarto può fare la differenza.
Ignorare i campanelli d’allarme che il corpo invia è il più grande sbaglio che si possa mai fare. Quando si avverte che qualcosa non va oppure si riscontrano segnali poco chiari bisogna indagare per escludere patologie gravi.

Nascondere la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi non è una scelta saggia. Tante persone purtroppo lo fanno pensando che se si ignora un problema questo sparirà magicamente oppure sottovalutano un segnale perché non hanno tempo di approfondire. Eppure la salute è il bene più prezioso che abbiano e va tutelata. Certo non bisogna essere esagerati nemmeno nel verso opposto, ad ogni minimo dolore o impressione di un cambiamento inspiegabile si corre dal medico per sottoporsi ad una serie di esami.
Come sempre la verità sta nel mezzo, si deve prestare la giusta attenzione ai campanelli d’allarme e valutare quando è il caso di approfondire e quando si tratta di un evento passeggero o legato ad un disturbo non grave. Per uno starnuto non si prende di certo un antibiotico ma non sempre è facile riconoscere sintomi e ipotizzare cause.
Il sintomo che dovrebbe far pensare ad un infarto
Il nostro corpo invia campanelli d’allarme quando qualcosa non funziona come dovrebbe. Ci sono segnali che indicano una malattia passeggera come la febbre che segnala di aver preso l’influenza o una dermatite per suggerire un’allergia. Altri sintomi, invece, potrebbero indicare patologie più serie come un infarto. Recenti studi hanno rilevato come una persona su tre soffra di malattie cardiovascolari tra le quali c’è lo scompenso cardiaco.

Ebbene questa patologia sembrerebbe essere legata al declino della funzione cognitiva. La correlazione verrà studiata nel progetto Dorian Gray che durerà cinque anni con data di inizio il 1° gennaio 2025. Sarà coinvolta anche l’Università di Brescia. Lo studio cercherà di chiarire come demenza cerebrovascolare e malattia di Alzheimer siano legate e quali scoperte importanti porterebbe questa associazione.
Il coordinatore scientifico del progetto, Riccardo Proietti, ha spiegato che le malattie cardiovascolari e il deterioramento cognitivo condividono i fattori di rischio ma possono anche contribuirvi tramite meccanismi di ipoperfusione cronica, infarti e rigidità arteriosa. Con Dorian Gray si vogliono utilizzare biomarcatori per la valutazione clinica al fine di informare le politiche sanitarie per la prevenzione del collegamento tra MCI e malattie cardiovascolari. Nel frattempo si tenterà di sviluppare uno strumento digitale innovativo per migliorare la capacità cognitiva.