“L’attivista di sinistra italiana esiliato in Francia è oggetto di una persecuzione che è più vendetta che giustizia”

pulpito. La camera investigativa della Corte d’Appello di Parigi deve decidere caso per caso, tra il 23 marzo e il 20 aprile, su richiesta del governo italiano di estradare dieci ex militanti in esilio, uomini e donne, dell’estrema sinistra italiana. in Francia da decenni. L’intenzione del governo francese nel rispondere a questa richiesta era di rifiutare i voti espressi per i profughi.

Questa richiesta contraddice gli impegni morali e politici precedentemente assunti nei confronti delle centinaia di attivisti italiani venuti a rifugiarsi nel nostro Paese dopo il 1970. Ciò viola la straordinaria politica di asilo praticata per quarant’anni da tutti i governi francesi, e con la quale il Presidente della Repubblica François Mitterrand divenne garante in questo discorso dell’aprile 1985 alla Lega dei diritti umani: profughi italiani (…) recidere i legami con la macchina infernale in cui erano coinvolti (…). Ho detto al governo italiano che erano immuni dalla punizione mediante estradizione. » Ora sappiamo che il governo italiano a quel tempo vedeva solo profitto.

File : Articoli forniti per i nostri clienti Il lungo esilio dell’estrema sinistra italiana a Parigi

Perfettamente integrati nella società francese, attraverso il loro lavoro, le loro famiglie, i loro figli, i loro nipoti, avendo voltato pagina sulla pratica violenta del secolo scorso, questi uomini e queste donne, va detto, sono oggetto di ‘più persecuzioni’ vendetta piuttosto che giustizia. Presentarli come individui pericolosi, trattarli come criminali ordinari portatori di pericoli attuali, era assurdo e completamente antiquato.

Annunciata la pena di morte

Simbolo dell’ingiustizia di questo Paese è il trattamento riservato a Luigi B., la cui qualifica di “cattivo vizio” nasce fin dall’inizio per cercare di ribaltare una prescrizione già acquisita. Si tratterà dell’opera della giustizia, che risana le ferite ancora aperte negli anni Settanta e chiude così questo capitolo violento della storia. Ma come possiamo pensare che il sistema giudiziario, prendendo di mira alcuni individui tra gli attori sopravvissuti alla violenza multilaterale, in cui sono annegate intere società, compreso l’apparato statale, possa sanare le devastazioni della storia, le ferite di persone uniche?

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Come pensare che la reclusione di dieci persone prese ad esempio possa sostituire la riflessione critica che ancora oggi si svolge tra storici e cittadini che cercano, anni dopo, di porre i problemi e le responsabilità di un tragico passato? E allora, qual è il significato di una punizione dopo il riuscito e indiscutibile reinserimento dell’essere che vuole essere punito?

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Franco Fontana

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