Il dibattito sulla cooperazione ceca con l’Italia: l’intimidazione deliberata del neofascismo

Nei giorni scorsi è apparso su alcuni media un rapporto sulla presunta cooperazione europea nata tra Polonia, Italia e Repubblica Ceca. I tre paesi sono uniti dal fatto che i loro governi sono ora guidati da politici i cui partiti fanno parte dell’Euro Party e del gruppo European Conservatives and Reformers (ECR) al Parlamento europeo.

Lui, per usare un eufemismo, non condivide la stessa visione che l’UE dovrebbe integrare costantemente e in ogni modo. Non sorprende che l’inquadramento delle informazioni sui semi della cooperazione sia molto negativo, ad esempio sul settimanale Onore la parola “asse” è scivolata nel titolo dell’articolo sulla cooperazione del presidente del Consiglio ECR, riferendosi chiaramente alla cooperazione in tempo di guerra di Germania, Italia e Giappone. L’eurodeputato pirata Marcel Kolaja è andato un passo avanti e ha subito abbandonato la parola “neofascismo” in relazione all’attuale governo italiano. Spaventosamente con termini simili nel caso dell’iniziativa emergente ci sono dibattiti intenzionali, fuorvianti e confusi sulla politica europea ceca.

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La prima è che il riferimento costante a contesti storici problematici è un argomento abbastanza selettivo rilevante solo per i partiti conservatori o generalmente di destra. Per i politici di sinistra, il passato, in cui si possono trovare anche una serie di peccati reali o immaginari, ha poca importanza e viene ignorato.

Ma così sia. Ancora peggio è che i dibattiti su questi partiti, soprattutto nei media mainstream, di solito finiscono con riferimenti alle antiche radici neonaziste dei Democratici svedesi o allo stesso contesto fascista barbuto dei Fratelli d’Italia. La programmazione attuale, le ragioni del sostegno a lungo termine di queste parti e altre questioni attuali non vengono discusse. Questo infila la testa nella sabbia politica: le mappe politiche nazionali degli Stati membri dell’UE sono state vividamente ridisegnate nell’ultimo decennio.

Non è del tutto possibile affermare che, ad esempio, i partiti appartenenti all’ECR o altri partiti che non aderiscono al triangolo d’oro dei liberali, dei democristiani e dei socialisti continuino a guadagnare e rafforzarsi. La realtà, però, è che la composizione dei parlamenti (e spesso dei governi) dei paesi dell’UE differisce da, ad esempio, negli anni Novanta: non solo nominalmente, ma anche in termini di stabilità. Un certo numero di nuovi partiti hanno avuto successo per un periodo elettorale, hanno cambiato nome e profilo.

Non devi andare lontano per gli esempi: chi oggi ricorda gli Affari Pubblici o il profilo ideologico originale (a prescindere dalla credibilità) del movimento YES? Questa diversità e questo dinamismo si riflettono logicamente anche nelle istituzioni dell’UE. Non ci si può aspettare che le tendenze cambino in futuro. Pertanto, fare affidamento sull’uso deliberato di argomentazioni storiche spesso completamente sbagliate per far ridere il soggetto è più che meschino.

Pratica generale della consulenza di coordinamento

È anche importante indicare il contenuto del previsto o presunto coordinamento tra Italia, Repubblica Ceca e Polonia. Le riunioni di coordinamento dei partiti politici europei – che stanno morendo, ma esistono da circa trent’anni, le strutture europee dei partiti transnazionali – si svolgono regolarmente prima dei Vertici del Consiglio d’Europa. Sono organizzati da democratici cristiani (Partito popolare europeo) o socialisti (Partito socialista europeo) o liberali (hanno più partiti europei).

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Non hanno avuto senso per l’ECR per molto tempo, poiché l’ECR non aveva molti primi ministri dopo la partenza del Regno Unito e il calo dell’ODS. Adesso ne ha tre. L’intenzione di mantenere tale coordinamento prima del vertice ha senso dal punto di vista della struttura e della funzione dei partiti dell’euro, come nel caso del Partito popolare. Quindi, se i democristiani non si preoccupano del coordinamento, perché disturbare i conservatori?

Certo, potrebbe esserci un motivo di preoccupazione. E questa è una potenziale minaccia, che il possibile incontro pre-vertice ECR acquisisca per la politica europea ceca la stessa santità della cooperazione di Visegrad e delle consultazioni pre-vertice di Visegrad per quanto riguarda il governo di Andrej Babi. Queste iniziative sono oggettivamente costate alla Cechia in Europa, hanno chiuso la porta a ulteriori alleanze nell’UE e soprattutto non hanno ottenuto nulla.

Ultimo ma non meno importante, il brainstorming di Visegrád non ha fatto nulla per l’UE, poiché da esso non è mai emerso alcun programma positivo. Ma forse – anche grazie alla presidenza in corso del Consiglio dell’Unione Europea, che costringe ODS a concettualizzare l’agenda europea in maniera positiva, e non costante – gli artefici del coordinamento ECR resisteranno a questa tentazione.

È pubblicato sul web Bordo destro.

Franco Fontana

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